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Al via oggi le elezioni generali indiane. Si tratta delle più massicce operazioni di voto al mondo, cui sono chiamate 814 milioni di persone, per eleggere i 543 membri della Lokh Sabha, il Parlamento Indiano. Sembra ormai scontata la vittoria del leader della destra hindu Narendra Modi, nettamente favorito rispetto a Rahul Gandhi, giovane candidato del Congress Party.
Mancano due giorni in India all’apertura delle urne per le elezioni generali. Se fino a poche settimane fa la corsa al governo di New Delhi era un’esclusiva del Congress Party e del Bharatya Janata Party, di recente si è aggiunta la coalizione di sinistra del Third Front, guidata dal Communist Party of India. Molti gli scenari aperti, ma di certo la seconda nazione più popolosa al mondo necessita di un governo forte, in grado di froteggiare le profonde difficoltà che stanno colpendo il Paese. Crisi economica, perdita di posti di lavoro, emergenza terrorismo e fragilità interna sono le tematiche principali. L’analisi su Indika.it
Il BJP punta sulla crescita economica, promettendo maggiori investimenti stranieri, prosperità nelle aree rurali e una spinta alle privatizzazioni sulle grandi opere. Rajnath Singh e i suoi si preparano a dar battaglia al centro sinistra alle imminenti votazioni. Tra 16 giorni l’apertura delle urne.
Per il Congress Party le cose si complicano. I comunisti indiani voltano le spalle al Congresso, creando un fronte indipendente di sinistra. Brutte notizie anche in Tamil Nadu, dove il PMK lascia la coalizione dell’UPA (guidata dal Congresso) e si allea con l’AIADMK andando a rafforzare il Third Front comunista.
Scossone politico in Orissa ad un mese dalle elezioni generali. I nazionalisti hindu del BJP perdono l’appoggio del partito regionale di maggioranza BJD, indebolendo la propria posizione. Per questo, la vittoria annunciata della destra hindu a Bhubaneswar non è più scontata, e tra i due contendenti (BJP e Congresso), si insinua il ‘Terzo Fronte’, quello dei comunisti cui è approdato il BJD. Un cambiamento radicale, che preannuncia un’evoluzione anche per decine di migliaia di profughi cristiani fuggiti alle violenze dell’agosto 2008, ancora ospiti nei campi profughi. L’analisi.