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Mentre in Libia la polizia spara su un gruppo di rifugiati in fuga da un campo-prigione al limite della sopravvivenza, uccidendo quattro uomini, in un altro campo di detenzione, sull’isola di Chios, c’è chi teme per la propria vita. Shouaib è un 25enne afgano fuggito dai Talebani che hanno tentato di ucciderlo per il suo lavoro di impresario edile al servizio delle truppe Isaf. Con lui la moglie e quattro bambini, uno dei quali ha 5 mesi. Ora rischiano il respingimento e la deportazione forzata in Afghanistan.
Rilanciamo oggi un servizio sull’avvio dei primi respingimenti di migranti irregolari, uscito su EAST. Dalle isole greche di Lesbo e Chios verso il porto turco di Dikili, sulla costa di Smirne. I primi a partire sono cittadini del Bangladesh e del Pakistan, cui seguiranno molti afgani, destinati ad essere ricacciati nella loro terra di origine minacciata dal ritorno dei Taliban. Dalla Grecia alla Turchia tornano i respinti, dalla Turchia alla Grecia continuano gli attraversamenti illegali, come un cane che si morde la coda
Parliamo dell’incontro con Abu Muhammad, nome falso usato da uno dei principali trafficanti di esseri umani di Smirne, in Turchia. L’intervista è durata 20 minuti, all’interno di un’auto parcheggiata a bordo strada, ma tanto è bastato ad avere conferma in merito ai nuovi sviluppi di un business valutato trai 3 e i 6 miliardi di dollari, pertanto duro a morire, malgrado gli accordi UE-Turchia.
Sono migliaia, decine di migliaia i rifugiati, soprattutto siriani, che vivono a Smirne (Izmir), importante città turca bagnata dalle acque del Mare Egeo. Questo è l’epicentro del lucrosissimo traffico di esseri umani diretti in Europa affidando vite e speranze alla tenuta di minuscoli gommoni da quattro soldi, caricati all’inverosimile e lanciati verso le isole greche. Le trattative avvengono alla luce del sole, o dei lampioni che la notte tingono i vicoli di Basmane di un giallo pallido..
Grecia, isola di Samos. “Siamo esseri umani ma ci trattano come animali. Questa è una prigione, aiutateci!”. È il messaggio lanciato da un gruppo di pachistani, afgani e migranti del Bangladesh reclusi da sabato nel Blamari camp dell’isola di Samos, ad un miglio marino dalla costa turca. Quello che fino alla scorsa settimana era un centro di accoglienza cui si poteva accedere liberamente, è stato trasformato in hotspot a seguito dell’accordo tra UE e Turchia. Reportage di E. Confortin
Idomeni. Alla fine arriva la notte, e con questa il freddo. La tendopoli del campo di Idomeni assume al buio un’atmosfera rarefatta, quasi sospesa in un limbo difficile da capire. Bastano poche ore in questo luogo per capire il carico di umanità custodito dai rifugiati.