Recensione: ‘The Path of Light, Ritual Music of the Tibetan Bon’, di Martino Nicoletti

Prima della diffusione del buddhismo in Tibet, nel VII secolo d.C., la popolazione locale professava una fede autoctona, la cui presenza non si è estinta, ma limitata ad aree geografiche e monasteri talvolta difficili da raggiungere. E’ qui che l’etnologo Martino Nicoletti ha svolto un entusiasmante lavoro di ricerca, giungendo a nuovi spunti interpretativi su una delle tradizioni religiose più affascinanti e se vogliamo misteriose dell’Asia. The Path of Light è un viaggio nella tradizione musicale del Bon, con trasliterazioni dei canti e approfondimenti riguardanti la prassi rituale osservata nel monastero Triten Norbutse in Nepal. Autentica gemma dell’opera è l’esecuzione collettiva del chö, rituale meditativo di auto-sacrificio, così come si trova diffuso nella tradizione bon-po. Un singolare rituale che prevede l’impiego di strumenti musicali dal carattere squisitamente magico e dalla funzione tipicamente evocatoria: il kangling, la tromba ricavata da un femore umano e il damaru, il tamburo a clessidra realizzato, di norma, impiegando due crani umani uniti alla sommità e ricoperti di una da una sottili membrana.