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Dalla rivista Il Mulino del febbraio 2010, pubblichiamo un’analisi sul conflitto del Kashmir, con un occhio sulla stabilità dell’Asia Centro Meridionale. Due anni più tardi, le cose non sono del tutto migliorate.
Il People’s Tribunal di Srinagar torna all’attacco sul fronte dei diritti umani in Kashmir. Dopo 3 anni di ricerche e dopo il ritrovamento di migliaia di corpi senza nome, viene ora chiesta l’identificazione tramite DNA delle vittime, per dare pace alle famiglie e svelare la storia di una delle terre più militarizzate e violente al mondo.
Dopo decenni di scontri e con 70.000 vittime alle spalle, un villaggio del Kashmir lancia un segnale di pace. Aisha Jee è la prima hindu ad essere eletta rappresentante del popolo in un’area a maggioranza musulmana. Per i cittadini kashmiri esiste ancora una speranza.
In poco più di un mese uccisi 14 civili in Kashmir, soprattutto giovani e giovanissimi. Le proteste della popolazione continuano, così come il coprifuoco imposto dalle autorità indiane di stanza nel territorio conteso tra India e Pakistan.
Pakistan e Cina sempre più vicini sul nucleare. La diffidenza di New Delhi non scompone il governo di Islamabad, che replica rivendicato il diritto ad avere nuove fonti energetiche come il nucleare civile. Sempre in bilico la bilancia geopolitica dell’Asia Meridionale.
Scontri a fuoco lungo il confine indo-pakistano nel giorno della Festa della Repubblica indiana. Presunti militanti pakistani cercano di penetrare in territorio indiano, ma si scontrano con la Border Security Force. Continuano gli scontri lungo la LoC, giunti a 15 dall’inizio del 2010.
Due militanti e un poliziotto uccisi in uno scontro a fuoco a sud di Srinagar. Prosegue l’ondata di violenze tra forze di sicurezza indiane e guerriglieri in Kashmir. In contemporanea prosegue la strategia di alleggerimento di New Delhi, con la rimozione dei soldati da ospedali e scuole. L’aggiornamento su Indika.it
Cari amici, dopo settimane di attesa, ho potuto finalmente rendere pubblico quello che posso considerare il mio vero reportage sul Kashmir. Trattandosi del servizio pubblicato in questi giorni dalla rivista East (www.eastonine.it, che vi invito a leggere. La trovate in libreria e nelle principali edicole), ho giustamente dato l’esclusiva, tenendo il tutto nell’archivio di Indika, aspettando giungesse il momento di pubblicarlo. Non è stato un lavoro facile per una miriade di ragioni, soprattutto durante la raccolta delle informazioni. Spero comunque sia utile a voi tutti iscritti alla newsletter, così come agli altri frequentatori di Indika, per conoscere qualcosa in più su uno dei più cruenti conflitti d’Asia. Benvenuti i commenti, di tutti.
Quello che per gran parte dell’estate era un presentimento, è ora stato confemato dall’enesimo episodio di violenza: in Kashmir è ripresa l’ondata di violenze contro la presenza delle autorità indiane, iniziata nel 1989. L’impressione di calma apparente degli ultimi 4 anni, che aveva illuso un pò tutti su una possibile svolta pacifica nella Valle di Srinagar, è stata travolta dall’ultmo grave attentato di sabato, in cui hanno perso la vita una donna e quattro poliziotti, oltre a dieci feriti. Il fatto è accaduto di fronte alla prigione di Srinagar, e ad oggi non ci sono ancora state rivendicazioni da parte dei guerriglieri kashmiri in lotta contro quella ce loro definiscono “occupazione indiana” in Kashmir. Arrestati anche dei presunti militanti a Baramulla e Pulwama.
Il rapimento e l’uccisione di due donne in Kashmir ha provocato forti reazioni da parte dei movimenti separatisti. Scioperi, blocco dei trasporti e violenze hanno costretto le forze di sicurezza (accusate del duplice omicidio) ad imporre il coprifuoco. Nelle stesse ore, il premier pakistano Gilani si appella a New Delhi chiedendo la fine della repressione nello stato del Nordest, favorendo il dialogo di pace. Sincerità o menzogna, rimane il fatto che presto l’India dovrà guardarsi allo specchio e pensare ad una strategia sulla questione Kashmir.
Sono più di 8000 le persone svanite nel nulla nel Kashmir indiano. L’associazione Civil Society denuncia le violenze dell’esercito di New Delhi, la cui presenza è progressivamente stata intensificata dal governo per arginare una situazione mai come ora critica. Pubblichiamo l’interessante reportage di Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera.