Privacy e cookie: Questo sito utilizza cookie. Continuando a utilizzare questo sito web, si accetta l’utilizzo dei cookie.
Per ulteriori informazioni, anche su controllo dei cookie, leggi qui:
Informativa sui cookie
«Più di 375 milioni di giovani entreranno nel mercato del lavoro nei prossimi 15 anni. Tra loro, 200 milioni vivono in zone rurali». Sono loro i primi destinatari delle attenzioni del summit, visto che la possibilità di garantire opportunità e prospettiva a questi giovani “disillusi” influenza in modo determinante la stabilità di gran parte dell’Africa
Infine ci sono le acque del Mediterraneo e i gommoni che continuano a partire dalla costa libica. Poco importano le condizioni del mare, o i venti gelidi. Il mercato è colmo di disperati pronti a rischiare tutto nella corsa verso il Canale di Sicilia. Chi è fortunato o abbastanza forte arriva sano e salvo, gli altri soccombono. È il caso di due donne morte nei giorni scorsi, divenute le prime vittime di ipotermia della stagione. A largo della Libia però si muore soprattutto per annegamento: mare mosso e barche sovraccariche sono un’equazione infallibile. C’è poi l’avvelenamento, di cui poco si parla sebbene in molti perdano la vita a causa dell’inalazione dei gas di scarico delle barche, o per gli effetti dell’immersione prolungata in una soluzione di acqua e benzina. Ciò nonostante fine anno è vicina, e con questa il momento di tirare le somme. A breve saremo inondati da bilanci, analisi e statistiche. Per quanto ci riguarda in materia di migranti il responso è chiaro, lo riassume una parola soltanto: fallimento.
La crisi dei migranti sembra in procinto di uscire dalla lunga fase di emergenza, pertanto, mentre si dirada il polverone provocato dalle scosse migratorie, emergono le macerie di un’Europa sempre più imbarazzata di fronte alla propria debolezza. Propongo oggi un pezzo scritto per EAST online, in cui tento di presentare lo stato dell’arte in tema migranti.
Oggi e domani a teatro Miela di Trieste va in scena Social Comedy – Intrigo a Via Doganelli. Si tratta di un’opera teatrale di Marizio Zacchigna creata dopo un lungo lavoro nell’accoglienza, confrontandosi di giorno in giorno con le problematiche concrete legate alla ‘questione migranti’. Un’iniziativa degna di nota, da condividere e far conoscere.
Entro febbraio, la Turchia completerà la costruzione di una fortificazione lungo il confine siriano. Una volta ultimata, l’opera sarà lunga 900 chilometri e dovrebbe prevenire il passaggio illegale al confine di armi, terroristi e rifugiati siriani in fuga dalla guerra. Altrettanto importante ma meno enfatizzata è la funzione di contenimento delle forze curdo-siriane al confine, ritenute da Ankara una minaccia per la stabilità interna del Paese, a causa dei legami dei curdi siriani con il PKK, temuti dal governo turco.
Fugge da Aleppo a 16 anni e raggiunge il fratello a Istanbul. Qui lavora come lava macchine, poi nel campo tessile, coltivando il talento per l’improvvisazione rap. Le sue canzone vengono incise in un sobborgo della metropoli turca e arrivano a Eko Camp, in Grecia, dove due attivisti italiani lanciano Haia Ahra, ‘la Vita è una Puttana’, il brano con cui Hussein Ibrahim racconta le difficoltà di un rifugiato siriano, dando voce a milioni di suoi connazionali.
Kavala. Il porto greco di Kavala sorge lungo la costa settentrionale, 160 chilometri a est di Salonicco. Qui, nella notte tra domenica e lunedì, è giunto uno dei primi traghetti destinati ad evacuare le isole egee. È anche uno degli ultimi trasferimenti di rifugiati verso l’Europa, così come stabilito dagli accordi tra UE e Ankara, in base ai quali ora gli atolli greci diventano qualcosa di simile a centri logistici dove accogliere e respingere in Turchia i rifugiati in arrivo con i gommoni.
Idomeni. Reportage tratto da Il Manifesto, 17 marzo 2016. Di Emanuele Confortin. Un altro giorno di ordinaria follia a Idomeni. Ieri mattina il campo rifugiati al confine tra Grecia e Macedonia si è svegliato inzuppato dalla pioggia caduta la notte. «La più fredda degli ultimi giorni» assicurano due ventenni di Aleppo, inginocchiati stracci in mano per asciugare l’interno della tenda in cui vivono da 15 giorni. Piove da una settimana e l’intera tendopoli è una distesa fangosa, mescolata di giorno in giorno dal passaggio dei 14 mila che restano a ridosso del confine macedone, aggrappati al filo spinato assieme alla speranza di proseguire oltre. Vogliono passare dall’altra parte. Lo ritengono un diritto sacrosanto dopo quanto vissuto nei paesi di origine.
Idomeni. Alla fine arriva la notte, e con questa il freddo. La tendopoli del campo di Idomeni assume al buio un’atmosfera rarefatta, quasi sospesa in un limbo difficile da capire. Bastano poche ore in questo luogo per capire il carico di umanità custodito dai rifugiati.